Il ramo di Como del Lario visto dalla Valfresca (tortuosa salita tra la città e San Fermo) |
Lei è pressoché cresciuto sulle sponde del lago di Como. Un luogo che dice di aver ‘goduto sfrenatamente’ da adolescente. Come era il lago agli occhi di un adolescente?
Io sono cresciuto lì, dai 4 ai 19 anni. E il Lago rappresentava la vacanza, ovvero la libertà. Con i miei compagni più cari del Liceo Volta avevamo l'usanza, alla fine dell'anno scolastico, di sporgerci sopra la rientranza tra la Gelateria Ceccato e la Stazione Nord per gettare in acqua quaderni e diari vecchi. Una volta siamo dovuti scappare a gambe levate, inseguiti da uno scrupoloso vigile che voleva multarci. Per fortuna correvamo più forte di lui. A quei tempi le vacanze si facevano così: l'acqua era ancora praticabilissima, al largo davanti a Villa d'Este mi è più volte capitato di berla. Si nuotava in uno dei lidi, si usciva in barca a remi o a vela, certe fortunate volte persino con una fanciulla, protetta dal casto scafandro di uno dei costumi da bagno di allora, in ghisa impenetrabile. Bellissima vita. Semplice, educata, allegra, onesta.
In genere al lago si associa una dimensione un po’ rarefatta, quasi decadente. E’ un luogo comune?
Non è un luogo comune. A dargli questo tono è anzitutto la nebbiolina che lievita quasi immancabilmente dall'acqua. L'echeggiare di tenebrose sirene. Il sentore un pochino di aldilà che accarezza le narici…
Quanto di quelle atmosfere l’hanno accompagnata negli anni successivi? E quanto quei paesaggi sono entrati nella sua scrittura?
Mi hanno accompagnato sempre. Il panorama più bello del mondo, per me sarà sempre quello del Lago di Como che si vede da certi punti della Valfresca, la strada vecchia per San Fermo. Una volta era quello che si godeva dalle gallerie della provinciale, ma poi l'hanno massacrato con l'autostrada. Molta della mia narrativa è ambientata sul lago, anche se magari con nomi di luoghi artefatti.
Quali i luoghi, gli scorci lacustri che meglio raccontano quel periodo?
Per quanto possano piacere ai russi o alle star di Hollywood, temo siano diventati una cosa molto diversa. D'altra parte i principi Trubetzkoy sono arrivati un bel po' prima. E anche le famose "Regine" da cui il lago ha derivato il suo soprannome. Ma ancora adesso attraversare il lago in traghetto da Cadenabbia a Bellagio (o viceversa) suscita una straordinaria emozione. O vedere il ramo di Como e quasi insieme quello di Lecco da certe fortunatissime zone sopra il Ghisallo…
Dei sapori e dei profumi di quella zona, quali lo descrivono meglio?
Quanto a sapori non saprei dire. Purtroppo non ricordo più come fossero i decantati piatti del Cotoletta di quei tempi o dell'allora celebrato Ristorante Villa Geno, o del Piazzolo. I profumi, invece, mi sembra siano stati sempre un po' riservati, molto in consonanza con il carattere dei comensi, sempre pudichi, restii a svelarsi (salvo magari concedersi outing clamorosi una volta in libertà a Parigi o Londra o Stoccolma o New York…)
Natura e arte o meglio architettura possono essere gli estremi che meglio racchiudono il lago?
Arte e architettura forse no, tale è lo strapotere locale della natura.
Si può raccontare letterariamente questo specchio d’acqua?
Io l'ho fatto più volte, in almeno cinque romanzi. E non escludo di farlo ancora: le ambientazioni sono perfette, già pronte per essere applicate a sviluppi narrativi.
Cinque aggettivi per tratteggiare il lago?
Vediamo: malinconico, riflessivo, solitario, sereno. Evito "solare" perché ormai lo si applica persino alla Befana.
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