lunedì 16 settembre 2019

A Dublino nel 1974 con James Joyce e Nikon F

Autunno 1974. Una bella gita, clima umido ma molto più gentile che in Italia, avendo una vaga idea che un giorno o l'altro avrei potuto provare a tradurre l'Ulysses di Joyce, scattavo foto…




La Torre Martello dove Joyce è vissuto qualche giorno e dove inizia l'Ulysses. 

Il mare dalla Torre Martello. Parla Mulligan: «Dio… Il mare non è proprio come dice Algy: una grande dolce madre? Il mare color verde moccio. Il mare strizzascroto. Epi oinopa ponton. Ah, Dedalus, i greci! Devo insegnarti. Bisogna leggerli in originale. Thalatta! Thalatta!...

«Il suono di due voci acute, un’armonica a bocca, echeggiò nell’atrio spoglio venendo dagli strilloni: I ragazzi di Wexford noi siamo, che pugnaron col cuore e con la mano.»

«Arrivano su garzoncelli con la loro zazzera rossa dalla contea di Leitrim, a lavare i vuoti e recuperare i fondi di bicchiere in cantina… Sete generale. Un bel rompicapo sarebbe attraversare Dublino senza passare davanti a un pub…»

L’odore freddo di pietra sacra lo chiamava. (Il signor Bloom) salì i gradini consunti, spinse la porta girevole ed entrò silenziosamente dal retro.



«Nella vetrina della bottega di antichità di Lionel Mark l’altezzoso Henry Lionel Leopold il caro Henry Flower in realtà il signor Leopold Bloom esaminò ammaccati candelabri, fisarmonica debordante verminoso soffietto. Un affare: sei gambe. Potrei imparare a suonare. A buon mercato…»

«(Il signor Bloom) si fermò davanti alla vetrina di Dlugacz con gli occhi fissi sulle matasse di salamelle, salsicciotti…»



A letto accanto a Leopold — di spalle e testa a piedi” —, Molly Bloom, informata che il marito ha portato  lì e cercato di trattenere Stephen Dedalus dopo aver conversato a lungo con lui, pensa: «… naturalmente ha fatto finta di capire tutto e probabilmente gli ha raccontato di essere uscito dal Trinity College…»

lunedì 28 gennaio 2019

La Giornata della Memoria

Giornata della Memoria. Qui io con mio padre il 26 agosto 1943, in un posto terribile: Fossoli. Di lì a poco per migliaia di infelici ebrei quel luogo sarebbe diventato l’anticamera del campo di sterminio.

Si badi bene, noi NON siamo ebrei (non avrei niente in contrario ma non mi risulta). In quel momento Fossoli era  un campo di concentramento italiano per prigionieri di guerra di lingua inglese o russa. Mio padre, soldato semplice, era stato messo lì un po’ per fare da interprete, ma soprattutto per tenerlo d’occhio, perché di lingua madre inglese e cresciuto a Londra, dove aveva ancora madre e due sorelle.

Di lì a qualche giorno, non so se lo stesso fatidico 8 settembre o poco dopo, gli è stato ingiunto di aderire alla repubblica di Salò. Lui ha rifiutato. Da carceriere si è ipso facto trasformato in carcerato. Rischiando quindi di partire per qualche campo “di lavoro” tedesco. E magari mia madre e io con lui.

È riuscito a scappare dal campo con alcuni prigionieri russi tagliando la rete, ci ha raggiunto e rocambolescamente portato fino a casa di suo padre, in provincia di Como, da dove, essendo un disertore e quindi passibile di fucilazione, si è rifugiato in Svizzera. (E non pare che gli svizzeri si siano comportati con quegli esuli meglio di quanto si stanno comportando certi luridi personaggi italiani nei confronti degli esuli di oggi.)

Quel terrificante viaggio in bicicletta e treno è il primo ricordo che porto inciso nella mente: avevo poco più di quattro anni. Soltanto un ricordo, che ho voluto aggiungere qui in questa giornata di vergogna universale in memoria dell’onestà e del coraggio di mio padre. Noi quattro Biondi non siamo MAI stati fascisti, io, unico rimasto, non lo sarò MAI!